giovedì 29 agosto 2013

Inceneritore: metodo, merito e opportunità

Il problema di Modena non è tanto e solo l’inceneritore, ma più in generale il ciclo integrato dei rifiuti, complice problemi di metodo, merito e opportunità.
Nel metodo la determina ferragostana e la totale assenza di informazioni dal 20 giugno, data ufficiale della richiesta di Hera, sono errori tutt’altro che veniali. Appaiono più scelte strumentali al raggiungimento dell’obiettivo di rinunciare ad una scelta politica per definirla un atto tecnico dovuto. Un’abdicazione ai principi della partecipazione, della trasparenza e della responsabilità della politica che deve essere censurata. Su questo passo anche il potenziale ampliamento da 180.000 a 240.000 tonnellate, già autorizzato, rischia di essere un atto dovuto.
Nel merito rimane sbagliata la gestione integrale del ciclo rifiuti. Abbiamo sentito recitare due mantra: chiusura delle discariche e percentuale di raccolta differenziata al 58%. Nella pratica già oggi il ricorso alle discariche è residuale, mentre il 58% andrebbe specificato rispetto al totale dei rifiuti prodotti.
Nel dettaglio a Modena, dati 2012, ogni cittadini produce 658 kg all’anno, di cui differenziati 360 Kg. Ognuno di noi destina allo smaltimento 298 kg. Per 186.040 abitanti sono 55.000 t/anno di rifiuti da incenerire. Per un impianto autorizzato a 240.000 t/anno.
L’Europa ci da come obiettivo prioritario di “portare tendenzialmente a zero i rifiuti da smaltire”. Accontentiamoci di un obiettivo più modesto, 100 kg di rifiuti non riciclati a testa. Con il sistema stradale attuale la raccolta differenziata dovrebbe raggiungere 558 kg per ognuno di noi, pari all’84,8%. Impossibile e come dice anche l’Assessore Arletti antieconomico.
La vera priorità è quindi la riduzione dei rifiuti, che si può raggiungere, come dimostrano le esperienze di Torino, Prato, Novara, Salerno con sistemi porta a porta che responsabilizzano chi produce rifiuti, separano i flussi delle famiglie, delle attività commerciali e delle imprese e garantiscono un controllo puntuale sui conferimenti. Nei sistemi porta a porta le medie raggiungono i 400 kg abitante anno, rendendo l’obiettivo dei 100 kg smaltiti, pari al 75% di raccolta differenziata, possibile. Ma il calo dei rifiuti contrasta con le strategie di potenziamento degli impianti. Se la Provincia di Modena raggiungesse i 100 kg abitante anno produrrebbe 70.000 t/anno di rifiuti con un impianto autorizzato per 240.000.
Decantare il 58% di raccolta differenziata senza dichiarare quanti rifiuti si smaltiscono a testa è inutile e fuorviante.
Molti in questi giorni si interrogano sull’utilità di fare o meno la raccolta differenziata, visto il peso impiantistico che portiamo sulle spalle. E’ un errore da non fare. Noi pensiamo che serva una risposta politica che deve prevedere:
1) Attivazione raccolta porta a porta per scende sotto i 100 kg di rifiuto da smaltire, primo passo per una strategia di rifiuti zero
2) Ritiro dell’attuale autorizzazione da 240.000 t/anno per l’inceneritore
3) Verifica del bisogno del territorio e del limite minimo per una nuova autorizzazione, anche inferiore all’attuale potenzialità dell’impianto
4) Definizione dei tempi per la chiusura dell’impianto
I rifiuti sono una cartina di tornasole del rapporto che abbiamo con l’ambiente. Non esiste una società sostenibile che sprechi materia ed energia attraverso forme di incenerimento. L’ecologia ci insegna che non esistono spazi evolutivi per chi spreca risorse. La strada che abbiamo davanti deve cambiare radicalmente abitudini consolidate ma recenti, riducendo drasticamente la produzione di rifiuti. Le esperienze in Italia dimostrano che si può fare, risparmiando anche costi, con i sistemi porta a porta. E’ una scelta politica, che dipende dal territorio e di cui il gestore deve essere il braccio operativo.
Infine c’è un problema di opportunità. Dobbiamo ridiscutere il rapporto con Hera, una grande multi utility che macina fatturati e utili ma che a nostro avviso richiede una forte ridefinizione della governance e del rapporto con il territorio. Le politiche ambientali devono tornare di competenza del pubblico, i gestori devo competere per i servizi sulla base della qualità e del prezzo. E’ inutile ricevere utili a fine anno se poi come singoli cittadini e come sistema imprese paghiamo servizi più cari e dobbiamo vedere trasformate scelte politiche in scelte tecniche. A nostro avviso è ora di avviare un dibattito serio sulla separazione di ruoli e funzioni tra politica e multi utility.

Paolo Silingardi
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