sabato 16 marzo 2013

PSC, linguaggio, politica e coerenza


Leggendo le dichiarazioni di Vanni Bulgarelli e il comunicato dell’Ass. Giacobazzi è obbligatorio porsi degli interrogativi. 

Il primo è sul linguaggio e sulla coerenza tra parole e azioni. Il secondo è sulle prospettive politiche.

Il cambio di linea è apparentemente radicale, quanto meno una vittoria culturale rispetto ai toni degli ultimi 8 anni: saldo zero, riqualificazione, edilizia sociale, partecipazione. Ma è altrettanto evidente la necessità di dare concretezza e credibilità ad un cambio di linea che rischia di essere solo tattica.

Che senso ha dire che “buona parte dei nuovi alloggi arriveranno dalle riqualificazioni se poi costruiamo 3500 alloggi al di fuori del PSC e di qualsiasi analisi di sostenibilità ambientale? Parliamoci chiaro, dal punto di vista urbanistico realizzare 600 alloggi a Ponte Alto non ha senso. Costruire sui campi acquiferi di Cannizzaro e Aristotele, senza aver neppure provato a scrivere il piano di tutela delle falde dai nitrati, è un errore. Ed è grave che stia procedendo il progetto di depurazione dell'acqua del Secchia senza nessuna discussione pubblica.

Basterebbe dire, senza tanti giri di parole, che questi interventi si fermano. Dove sta l’urgenza di attivare questi 3.500 alloggi? Non certo negli interessi della città. Dove sono gli studi che dimostrano l’esigenza di nuovi approvvigionamenti idrici?

E che senso ha parlare di partecipazione, se buona parte delle previsioni urbanistiche sono già ipotecate?

Capisco che siano questioni puntuali, non strategiche, limitate. Capisco che prendere posizione su questi punti significa farsi qualche nemico. Ma i cittadini si sono stancati dei massimi sistemi e sempre più, giustamente, misurano le parole sulla base delle azioni, non quelle di domani, ma quelle di oggi. 

Il Pd e il suo sindaco dimostrino di essere all’altezza della situazione fermando il treno di una decisione che svilisce i nuovi contenuti progettuali e rompe la relazione con larga parte della città, generando una frattura insanabile con movimenti di cittadini dentro e fuori dal PD. Occorre il coraggio di scelte politiche chiare, con un approccio costruttivo, positivo, aperto. Ora più che mai occorre una “discontinuità” concreta, nelle scelte e non solo nelle parole.

giovedì 14 marzo 2013

Lettera aperta al Consiglio Comunale


OGGETTO: Gli indirizzi per la formazione del nuovo PSC.

Modena ha bisogno di rinnovare la pianificazione del suo territorio.

Il nuovo PSC deve definire le linee e i criteri generali di governo del territorio nel rispetto dei principi della sostenibilità e della qualità ambientale, come fattore competitivo discriminante nella competizione tra le città sostenibili del futuro.
D’altra parte il termine fissato per la formazione di un PSC pienamente conforme alla legge regionale è scaduto già dal 2010, con implicazioni preoccupanti sull’efficacia e solidità degli strumenti di pianificazione vigenti.
Il rinnovato impegno dell’amministrazione comunale a questo scopo merita riconoscimento e apprezzamento.
Il documento di indirizzi in discussione è certamente altra cosa rispetto al precedente, Modena Futura che, ricordiamo, perorando una crescita di Modena fino a 230.000 abitanti, intendeva rendere edificabili nuove aree residenziali e produttive per circa sette milioni di metri quadrati.
Nel documento è soprattutto da apprezzare l’attenzione ai temi della qualificazione e rigenerazione della città esistente, che ne costituisce il valore innovativo principale, peraltro già da diversi anni fortemente condiviso fra i cittadini, gli addetti ai lavori e le amministrazioni locali.
L’approccio ai temi del governo del territorio è tuttavia di carattere tradizionale, come se quella in atto fosse una crisi passeggera, non una transizione epocale che nel prossimo ventennio porrà problemi inediti, esigendo capacità e risposte innovative. E’ comprensibile la difficoltà di percepire gli scenari che ci attendono, e comprenderne le implicazioni. Meno giustificabile è l’evidente difficoltà a delineare la traduzione in disciplina del territorio delle politiche dell’ambiente, della mobilità, dell’economia, della cultura, dei servizi...
Sono sottovalutati il trasporto pubblico e la mobilità ciclabile, relegata questa al ruolo di attività amatoriale quando invece è già ora e sempre più lo sarà in futuro, un cardine della mobilità nuova. Indirizzi che guideranno scelte fondamentali di natura urbanistica dovrebbero porre come imperativo il riferimento a indicatori della qualità della vita, agli indici Istat del benessere equo e sostenibile (BES).
In sostanza non vengono esplicitate politiche di settore chiare e precise, finalizzate a orientare le priorità o le scelte effettive tra le tante possibili, e gli innumerevoli obiettivi elencati nel documento di indirizzi appaiono scarsamente concatenati tra loro e con la politica del territorio, perché non definiti tramite la sintesi delle politiche di settore.
E’ una difficoltà questa che non appare tanto di natura urbanistica quanto dovuta a un generale ritardo nello sviluppo di progetti sulle politiche fondamentali del governo locale, indispensabili per comprenderne ed esplicitarne le implicazioni sul territorio, in termini di sua trasformazione o salvaguardia. Il Laboratorio della città, attivato dal 2005 proprio in funzione della formazione del nuovo PSC, ha minuziosamente disegnato improbabili case e strade, ma mai sollecitato i settori dell’amministrazione comunale responsabili delle diverse politiche a impegnarsi in progetti finalizzati a questo scopo.
Questo appunto dovrebbe essere il compito essenziale del documento di indirizzi, preordinare il concorso dell’intera amministrazione nella formazione del quadro conoscitivo, che la legge regionale giustamente esige quale indispensabile base per la valutazione di sostenibilità delle scelte di assetto del territorio nelle loro possibili alternative.
Evidente è anche la difficoltà sul tema delle relazioni con gli altri comuni, che non può ridursi alla considerazione di specifiche opere, ma deve investire soprattutto il funzionamento dell’area vasta, a partire dai movimenti quotidiani per lavoro e per studio, incomprensibilmente ignorati dal piano territoriale di coordinamento provinciale (il PTCP). L’obiettivo deve consistere nel potenziamento qualitativo del sistema policentrico, riconoscendone i fondamentali vantaggi e l’avvenuto consolidamento, senza ipotizzare improbabili rilocalizzazioni di funzioni residenziali o produttive, e affrontando i grandi problemi infrastrutturali (polo intermodale logistico, stazioni, metropolitana leggera) in una visione integrata dei trasporti.
A questo scopo, al di là delle contingenze politiche, è indispensabile costruire relazioni istituzionali di ambito intercomunale su base volontaria, sollecitando e realizzando il concorso unitario dei comuni che condividono le medesime problematiche territoriali, sollecitando e anticipando nuovi livelli di governo, in grado di affrontare nella pianificazione del territorio tematiche di area vasta.
Incongruente, contraddittoria con la natura di un documento di indirizzi, è la parte dedicata al fabbisogno abitativo e al suo soddisfacimento. Invece di preordinare l’elaborazione di un quadro conoscitivo ancora tutto da formare, e congegnare le valutazioni da effettuarsi su esso a supporto delle decisioni, il documento precostituisce scelte definite, e irreversibili, su dati inattendibili e parziali, e con valutazioni irrealistiche.
Basti ricordare anche che i dati del censimento 2011, di recente pubblicati dall’ISTAT, indicano per Modena 178.727 residenti in 80.358 famiglie, rispetto ai 186.400 in 83.898 famiglie registrati in Anagrafe e assunti dal documento: sono differenze (dovute soprattutto alla mancata cancellazione di immigrati non più qui residenti) che da sole inficiano l’intera valutazione.
Dal 2001 al 2011, le abitazioni rilevate dai censimenti sono cresciute di 12.388 unità, contro un aumento di 5.856 famiglie, con un forte incremento delle abitazioni non occupate (quasi il 50%).
Poco o nulla si conosce sulla consistenza delle convivenze e soprattutto se siano coatte o volontarie, anche se è noto che le famiglie di immigrati, sia quelle unipersonali che pluripersonali, coabitano frequentemente.
Della produzione edilizia non sono rese note le quote ottenute da recupero e intensificazione di edilizia esistente rispetto alle attuazioni in nuovi insediamenti, indispensabili a previsioni realistiche sui modi di soddisfacimento della domanda abitativa.
In assoluto contrasto con i più elementari principi della pianificazione urbanistica, con la legge regionale e con lo stesso PSC è infine l’intendimento di destinare a insediamenti residenziali le zone per attrezzature generali, o zone F, per un totale di oltre 3.500 abitazioni. E’ una quantità pari a quella delle espansioni residenziali disposte vent’anni fa per il piano regolatore, senza che sia dimostrata la necessità di nuove case.
La trasformazione di queste zone viene proposta al di fuori di qualsiasi riflessione e valutazione urbanistica, e malgrado le evidenti criticità di alcune di esse, malgrado la sovrabbondanza e il sottoutilizzo del patrimonio edilizio esistente. Il documento di indirizzi trascura totalmente le alterazioni e l’impatto che la loro edificazione a residenza comporterebbe sull’assetto urbano e territoriale di Modena, particolarmente gravi sull’ambiente, sulla mobilità, sui servizi, sulla qualità della vita dei cittadini. Questa precipitata conversione a residenza delle zone F per attrezzature generali è non soltanto non necessaria, ma in contraddizione con i principi di qualificazione e rigenerazione urbana esplicitati dal documento stesso.
Non si comprendono peraltro le ragioni di urgenza che inducono ad anticipare per queste zone determinazioni di stretta competenza del PSC, considerando che il documento di indirizzi ne programma l’adozione entro il febbraio 2014.
Auspichiamo quindi che il consiglio comunale restituisca al documento l’appropriata funzione di indirizzo, sollecitando l’ulteriore approfondimento della positiva attenzione ai temi della qualificazione e rinnovamento del patrimonio edilizio e della rigenerazione urbana, e stralciandone le determinazioni sul dimensionamento e sulla sorte delle zone F, che possono essere correttamente decisi solo nell’ambito del nuovo PSC.

Dal gruppo di lavoro di Modena Attiva sul nuovo PSC un augurio di buon lavoro e un rispettoso saluto:
Pietro Bassetto
Lorenzo Carapellese
Luca De Pietri
Claudio Fornaciari
Susanna Lodi
Christian Medici
Giuliano Orlandi
Davide Pecorari
Ezio Righi
Emiliano Alberto Righi
Simona Rotteglia
Paolo Silingardi
Anna Trazzi

domenica 3 marzo 2013

PSC e aree F, basta con la politica dei due tempi


A leggere i giornali in questa bella domenica mattina viene un dubbio. Ma tra Giunta e Partito Democratico a Modena c'è ancora qualche relazione?

Da un lato si vuole procedere a tutti i costi ad approvare la trasformazione di tutte le aree F a residenziali per alcune migliaia di alloggi al di fuori di qualsiasi riflessione urbanistica e visione di città, malgrado le evidenti criticità di alcune zone. Per non far nomi Ponte Alto e Campi Acquiferi. Inoltre si vuole portare in discussione al Consiglio Comunale già lunedì 11 marzo un documento di indirizzo che ha raccolto più critiche che favori e che richiede di essere pesantemente rivisto. 

Dall'altro l'assessore Maletti solleva giuste critiche al documento del PSC. Nel frattempo i comitati Renzi definiscono il documento "ottuso e miope" mentre gli alleati annunciano il loro voto contrario.

Nel mezzo il partito rinvia l'assemblea cittadina, pare che tra risultato elettorale, dimissioni di segretari, crisi di Giunta e visione della città non ci siamo argomenti urgenti di cui discutere.

Sono due anni che chiediamo un confronto nel merito non più rinviabile. L'errore più grave è continuare a insistere sulla politica di sittiana memoria dei due tempi: subito le aree F e poi il PSC. Come se le scelte pesanti introdotte con le migliaia di nuovi alloggi potessero essere ininfluenti sul futuro della città.

Così non si va da nessuna parte, la politica deve avere la forza di fermare interventi contestati e di azzerare le posizioni, creando le condizioni per un dialogo reale e produttivo con la città. Altrimenti lo scontro avrà un solo vincitore, e non saremo noi.